L'OIKONOMIA E L'IMPERTINENZA
arteideologia raccolta supplementi
nomade n. 3 dicembre 2009
LE LEGGI DELL'OSPITALITA'
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…è doveroso precisare che il testo che si ha davanti non è per neofiti ma presuppone una profonda conoscenza delle tematiche filosofiche che riguardano la metafisica e l’ontologia; la passione suscitata da certi interrogativi può tuttavia supplire alcune mancanze... Buona lettura.1

E' un brano della recensione di Riccardo Furi al libro Oikonomia di Edoardo Ferrario e AA.VV (Lithos editrice, Roma 2009).
Attratti dal titolo e rassicurati dal recensore noialtri che non siamo neppure neofiti ma solo appassionati e sconsiderati pasticcioni, ci siamo dati alla lettura (selvaggia) di appena qualche pagina sparsa dei saggi raccolti in Oikonomia (come ad es. quelle di “Ontologia ed economia in Jaques Derida” di Maddalena Lucarelli o “Per una cura dell’habitat” di Stefano Maschietti).

Ma forse proprio le nostre mancanze e l’istinto all’agguato hanno facilitato delle considerazioni che vogliamo sottoporre nella forma molle con la quale si sono presentate alla nostra coscienza.

1 – Sembra a volte che la filosofia ami talmente soffermarsi sulle parole da ridursi a ciò. Quello che la caratterizza non sarebbero allora tanto i modi e i metodi che applica, quanto le parole a cui si applica. Ad esempio, dice “economia” senz’altro, omettendo di precisare a quale economia storicamente determinata sta pensando (ma spesso è quella che ritiene del tutto naturale, con la quale il filosofo in carne e ossa traffica quotidianamente senza neppure pensarci).
Così, si può partire da un’accezione comune, come il fatto che “l’economia implica, porta con sé, l’idea di scambio di circolazione, di ritorno, al cui centro si trova la figura del circolo, il circolo economico dello scambio1… ed arrivare fino all’Itaca di Omero.2
L’attuale idea dell’economica si è portata con sé lo scambio mercantile come circolarità odisseica di chi parte sapendo dove ritornare: “ritorno al proprio3, “a casa” e alla donna-sposa e madre…
Ritorno a casa o alla villetta in riva al mare?
Alla donna-sposa o alla moglie?…4
In ogni caso ritorno nefasto per la comunità; ché vede massacrati i suoi più giovani per aver speso la dispensa della sposa e scambiato confidenze con le ancelle…
Un ritorno che, dopo la circolarità degli scambi, prevede sempre un “agio”, pretende un guadagno…
Ma Ulisse torna senza bottino…
Quindi, giusto: senza volto e senza riconoscimento.
Tant’è. Sarà l’abuso dell’ospitalità a risarcire l’agnizione negata con la dissipazione del tempo delle generazioni…
Questo ritorno alla “casa” e alla sua legge, questo ritorno al “proprio” è forse un “ritorno” della legge della “proprietà (privata)”? o ne è piuttosto l’affermazione e il suo primo impiego5, e perciò cruento?
Che tipo di economia possiamo vedere dissimulata in questa descrizione che mira talmente “al proprio” da rimpinguarlo col sangue?
La proprietà è un titolo sull’oggetto lontano; il possesso è un contatto, un tenere concreto, una vicinanza…
Ulisse, lontano e ormai perso, manterrebbe tuttavia un titolo (signoria) sulle cose: però i Proci le hanno vicine, le hanno prossime: a portata di mano…
L’economia implica, porta con sé l’idea… di Ulisse”, è quasi stato l’esordio. Ma, una volta nominato, Ulisse non dovrebbe a sua volta “portare con sé” (implicitamente) l’idea dell’economia greca al tempo di Omero?  
Che tipo di ordine è quello insidiato dalla comunità insediata nella casa vuota?… Casa personale o, ad esempio, comune casa delle gens itacensi?
Dunque: proprietà privata contro possesso sociale?…
Ora che l’unico sistema economico imperante è quello a minor tasso di ideologismo, vale a dire la libera economia di mercato finalizzata al profitto" 6 non si rischia magari di “portare con sé” (nel regno delle idee) questa economia… a minor tasso di ideologismo, perché quasi tutto è nei fatti?
Mentre si mette ordine nelle tematiche metafisiche e ontologiche dell’oikonomia, della circolarità degli scambi tra filosofia e mitologia intanto ne profitta la teologia del libero Mercato e la sua ancella Rassegnazione…7

2 – La filosofia dice anche la parola Comunismo, preferendo però coglierla (e lasciare che venisse colta) nel senso luogocomunisticamente inteso.
Leggiamo: “…da quando i sogni dell’ideologia sono sfumati con il definitivo tramonto del comunismo, al termine di un processo economico inaugurato dalla Cina della metà degli anni ’70 con le politiche di accumulo individuale benedette da Deng ...E’ tale lo scenario in cui ci muoviamo da quando è crollato il comunismo8
Senza definire l’oggetto di cui tratta, dove va a finire la sottigliezza della filosofia?
Insomma, si parla di “comunismo” ma si pensa (e si lascia pensare9) al socialismo reale e ai suoi esiti, affermando ciò che prima avrebbe dovuto dimostrare, ossia che tutte le vicende variamente connesse con le “vie nazionali al socialismo”10 abbiano mai avuto a che fare con il comunismo piuttosto che con tutt’altri affari.11
Per misurarsi con questa parola, la filosofia (qualora non voglia affidarsi al pentitismo in voga e al risentimento) dovrebbe quantomeno ancorarla saldamente a quella definizione sommaria che vuole il comunismo come il movimento reale che abolisce la proprietà privata, per non parlare della negazione della vendita del proprio tempo di vita, ossia del lavoro salariato.12
Allora, una volta sgombrato il campo dalle volgarità delle opinioni correnti, la filosofia potrebbe finalmente iniziare a chiedersi se tale movimento (di abolizione della proprietà privata) sia reale; ossia cercare di scorgere nella società e nell’economia attuali quegli elementi che accennano ad un diverso ordine sociale ed economico, in mancanza dei quali ogni azione storica sarebbe uno sforzo donchisciottesco.13
In fondo, cos’altro è il Capitale di Marx se non la ricerca concreta di questi elementi attivi di una forma economica e sociale superiore nel medesimo modo di produrre capitalistico? (in assenza dei quali Marx non sarebbe potuto pervenire conseguentemente, neppure per via filosofica, alla forma partito e all’organizzazione dell’Internazionale ecc., ma doveva fermarsi al pensiero (utopico, filosofico, ecc.).14
Così, ad esempio, il dono e il potlác15 non cadrebbero nell’ambito degli elementi allusivi di una diversa economia reale?
Di cos’altro sarebbero “perturbanti” il dono e la dissipazione del potlác se non dell’ordine generalizzato della proprietà privata e della sua economia di mercato?
Il dono non è forse l’applicazione primitiva (residuale?) di una continua azione spontanea in contrasto ad un’economia “finalizzata al profitto”?
Il potlatch  non ne è la negazione (tuttora) vivente?16
Così, tanto per continuare a essere rozzi, l’indicazione programmatica di produrre secondo le capacità e di prendere secondo i bisogni, non è una formulazione socializzante del “dono”?
Non descrive, con le parole sbrigative della propaganda, un diverso rapporto sociale che (come richiesto da Derrida) manderebbe in fumo il “dono” stesso (e le sue nozioni correlate), cosicché nessuna delle parti e l’intera società contraggono debiti o si sentano in credito?
E l’arte stessa, non è un dispendio improduttivo?....17

3. Aiutati da Derrida (e da Maddalena Lucarelli) apprendiamo che l’unica cosa che non si può donare è il tempo18perché non è niente e non appartiene a nessuno”; e tuttavia, “se il donare implica che non si dona nulla che sia o che appaia come tale, forse è unicamente il tempo ciò che si può donare 19
Come far dono del tempo, da parte dei singoli, se non con la generazione?
E come sottrarlo ai singoli altrimenti che con l’omicidio?
Ma come scambiarlo “utilmente” se non tramite il lavoro salariato? (che è appunto un dispositivo per l’espropriazione del tempo, che lo stilla, goccia a goccia direttamente dal corpo del lavoro per farne trasfusione nel corpo delle merci20).
E allora come “donarlo” a tutti (globalmente, indistintamente) se non tramite l’abolizione di tale dispositivo?
Insomma, messa giù la questione in questi termini (con tutte le possibili implicazioni), l’espressione programmatica del comunismo, che attuerebbe l’espropriazione degli espropriatori, non libererebbe forse il tempo21 instaurando una integrale società del dono priva di sacrificio?

4. Solo l’esistenza del “per me” fonda il “per l’altro” e la legge di circolazione-distribuzione, dunque il sacrificio1 e il conflitto. Ma se io non do all’altro più di quanto concedo a me stesso, non sacrifico alcunché ad alcuno che non sia il me stesso nella sua forma socialmente sviluppata…
Se non deve rimanere traccia del dono, dovrebbe forse permanere l’ospitalità e, peggio, il sacrificio?
Per compiersi efficacemente queste cose non dovrebbero tutte andare in fumo assieme al dono?
Allora, signori, fatevi coraggio, e pronunciate l’unica parola che vi torna in mente capace di dire una umanità senza più crediti e senza più debiti - che non sia però la solita vescica vuota gonfia di speranza e gratitudine....
Perché, sia ben chiaro, non era nostra intenzione misurarsi con un testo, prodotto da quanti hanno sicuramente una conoscenza specialistica della metafisica e dell’ontologia. Piuttosto si è trattato di cogliere un’opportunità in più per reperire le tracce probanti di alcune nostre convinzioni, addirittura girovagando per sentieri lontani, interrotti, e sia pure anche ostili ad ogni “alto tasso di ideologismo”.22

N.d.R. - Informiamo i lettori che qualora questa disinteressata offerta di 4 domande venisse contraccambiata nell'unico modo possibile, ossia con un loro approfondimento, noi saremo soddisfatti, voialtri tempestivamente informati.


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- 1 - M. Lucarelli, Oikonomia cit. pag 423.
- 2 - La filosofia come macina del tempo?
- 3 - Lucarelli,
Oikonomia cit.. pag 423.
- 4 - D'altronde Ulisse era partito appunto in nome di un “proprio” dell’altro, per ripristinare (col sangue) un pos-sesso.
- 5 - Il mero esistere in una determinata epoca di un particolare rapporto economico può non dirci nulla o troppo poco su l’economia di quell’epoca; diversamente, dirà molto o tutto qualora, quel medesimo rapporto economico lo si trovi generalizzato e dominante in un’epoca determinata....
- 6 - Stefano Maschietti, “Per una cura dell’habitat”, in Oikonomia pag. 623.
- 7 - Ma non siamo in condizione di escludere che nell’insieme Oikonomia sia un’opera concepita per contrastare l’una e l’altra.
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8 - S. Maschietti,
Oikonomia cit..
- 9 - In Nane Cantatore (Bisogno, lavoro, valore…
Oikonomia cit.) leggiamo: “…proprio a partire dal problema dei bisogni (Agnes Heller) cerca di rileggere l’intero impianto teorico marxiano, integrandone lacune (“Marx è solito definire attraverso il concetto di bisogno, ma non definisce il concetto di bisogno”). Così per parlare di “bisogno” (ad esempio quello primario di nutrirsi) la filosofia richiede primieramente la definizione stessa di bisogno (di cibo, di acqua); per parlare di comunismo la filosofia non ritiene affatto necessario definirlo attingendo direttamente alle fonti; gli basta prendere in parola Stalin, Deng, Castro, gli editorialisti di quotidiani e della voga, senza preoccuparsi di andare a verificarne la corrispondenza ad es. con la struttura sociale ed economica a cui ognuno di costoro predilige associarlo [per spacciarlo (venderlo) e spacciarlo (farlo fuori e toglierlo di mezzo)].
- 10 - Una formula palesemente anticomunista, confezionata dall’opportunismo delle circostanze.
- 11 - Per la filosofia, l’economia e la storiografia attuali è così difficile comprendere quanto era definitivamente acquistio addirittura anche dai surrealisti nella seconda metà degli anni ’30 ? “Noi non ci nascondiamo quanto Stalin e i suoi accoliti, che hanno stipulato un patto d’assistenza con i paesi capitalisti, si adoperino al limite delle loro possibilità per disgregare questi elementi (rivoluzionari). E’, per noi, una ragione di più per aspettarci da loro, dalle loro forze e dai loro eroismi congiunti, il ristabilimento della verità storica calpestata sistematicamente in Urss come in Italia e Germania” [dichiarazione letta da Breton il 3 settembre 1936 alla conferenza La verità sul processo di Mosca]. Tralasciando gli elementi di circostanza, è evidente come la falsa e rozza equivalenza comunismo = stalinismo risulti sostanzialmente smascherata; e non da un discredito occasionale privo di un ponderato convincimento, se ancora in una successiva pubblica assemblea, del gennaio dell’anno successivo, Breton esprime la doppia necessità di affermare apertamente che oramai la Russia “non è più la Russia rivoluzionaria e di convincerne il mondo rivoluzionario che, purtroppo, non ne è ancora convinto”.
- 12 - Messo giù in questi termini apparirebbe del tutto chiaro che là dove non ci si muove risolutamente in questa direzione si è decisamente fuori dalla prospettiva del comunismo. E non si tratta di una dissimulazione: vi sono approfonditi studi della “sinistra” che hanno analizzato, ad es. la struttura economica e sociale della Russia sovietica per escludervi l’esistenza di forme di comunismo attuato o in marcia.[cfr. Struttura economica e sociale della Russia d'oggi, una raccolta in due volumi di articoli di pubblicati “anonimi” (ma sicuramente di Amadeo Bordiga) sul quindicinale “Programma comunista” dal 1955 al 1957].
- 13 - Cfr. “Uno spettro si aggira per la rete”, in Forniture.
- 14- Da qualche parte Marx definisce sé stesso “un materialista conseguente, cioè un comunista”; con ciò la filosofia (non tutta, ma la linea materialista del pensiero occidentale) si svolge e trova compimento (…il proletariato come erede della filosofia..ecc.). Solitamente ci sembra che la filosofia tenda a tralasciare, quando non a screditare, il proprio consequenziale passaggio alla realtà fisica e all’azione diretta, probabilmente ritenendole di pertinenza dello storico; noi crediamo che questo passaggio (in senso conformista o antiformista) si compia sempre, comunque e a dispetto dei singoli [chi resta e chi va].
- 15 - “Il potlatch è una cerimonia che si svolge tra alcune tribù di nativi americani della costa nordoccidentale del Pacifico degli Stati Uniti e del Canada... Il potlatch assume la forma di una cerimonia rituale, che tradizionalmente comprende un banchetto a base di carne di foca o di salmone, in cui vengono ostentate pratiche distruttive di beni considerati "di prestigio". Durante la cerimonia vengono stipulate o rinforzate le relazioni gerarchiche tra i vari gruppi grazie allo scambio di doni e altri riti… Il potlatch è un esempio di economia del dono, in cui gli ospitanti mostrano la loro ricchezza e la loro importanza attraverso la distribuzione dei loro possessi, spingendo così i partecipanti a contraccambiare quando terranno il loro potlatch… In molti casi i beni distribuiti venivano distrutti dopo essere stati ricevuti; il potlatch, infatti, era un meccanismo attraverso il quale venivano sottratti al processo produttivo quei beni che, se vi fossero stati riammessi, avrebbero provocato un'alterazione del sistema e di conseguenza avrebbero introdotto un elemento di possibile disturbo della struttura stessa dei rapporti di potere.… La pratica del potlatch è stata resa illegale in Canada e negli Stati Uniti alla fine del XIX secolo principalmente a causa della pressione dei missionari e degli agenti del governo che la consideravano "un'abitudine più che inutile", sostenevano che fosse dispendiosa, improduttiva e contraria al lavoro etico e ai valori delle società americane e canadesi…” (dalla voce potlatch di Wikipedia).
- 16 - In un testo di Giorgio Agamben pubblicato sulla rivista La Città di Riga (n. 2, primavera 1977, p.36), il potlatch era all’opposto indicato come un fenomeno sociale che metteva in discussione la validità dell’impianto marxista. Cogliamo adesso l’occasione per affermare che il potlác e il suo sperpero a noi personalmente soddisfa non meno che ai dadaisti, ai surrealisti, ai lettristi o ai situazionisti, … senza che ciò risulti una confutazione o richieda un “aggiornamento” del pensiero comunista più classico nel senso che trasferirebbe la spinta produttiva dall’utilità  al sacrificio e al bisogno di alienazione
- 17 - Da qualche parte Marx ha detto che il Capitale è ostile all’arte... [sottomissione formale e sottomissione sostanziale, ecc.]
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18 - "Che è senza essere, non è mai presente o è solo debolmente" (M. Lucarelli, Oikonomia cit. pag. 433.
- 19 - Idem.
- 20 - Trasfusioni comunicanti: cosificazione delle persone e personificazione delle cose – reificazioni delle persone e personifi-cazioni delle merci – Feticismo .... ecc.
- 21 - Ovviamente tanto per gli espropriati che per gli espropriatori).
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22 - Sacrificio, rinuncia e astinenza, sono tutte categorie presenti anche negli scritti degli economisti classici – quasi sempre, però, per legittimare il (giusto) profitto.